Mali

il Sotramà

di Lucio Magi


Una delle esperienze da non perdere nella capitale del Mali é sicuramente quella di una corsa in Sotramá.

Io e Ada, assieme al più “esperto” Michele, ci siamo capitati quasi per caso, dopo che per sbaglio erano stati chiamati due taxi anziché tre, e ci serviva per raggiungere il resto del gruppo al mercato dell’artigianato.

Il Sotramá é il nome con cui sono conosciuti i furgoni-taxi collettivi che in pratica fungono da autobus nell'area urbana di Bamako. La descrizione del mezzo di trasporto in sé, un furgone colorato di verde spesso dalla dubbia capacità motoria, meriterebbe un capitolo a parte, ma quello che ripaga ampiamente del prezzo del biglietto é il servizio offerto.

Appena saliti eravamo gli unici tre passeggeri. L'uomo-porta, equivalente più o meno al nostro controllore, ci ha fatti entrare proferendo poche parole incomprensibili in dialetto Bambara. L'uomo-porta, come dice il termine stesso, fa le veci della porta del furgone che, al pari dei vetri dei finestrini, é inesistente. L'uomo-porta fa uso del suo corpo per evitare che i passeggeri salgano e scendano dal furgone senza avere pagato il biglietto. Oltre a questo l'uomo-porta funge anche da “buttadentro”. Per tutta la durata del viaggio ha il compito di urlare ai pedoni la direzione e il nome del capolinea, sperando che salgano più persone possibile. C'é infatti una concorrenza spietata tra i veicoli, che si susseguono a distanza ravvicinatissima quasi speronandosi, e non é raro vedere due uomini-porta azzuffarsi per accaparrarsi potenziali clienti.

A mano a mano che avanzava lento sulla strada, il furgone ha cominciato a riempirsi e poi, quasi pieno, si é lanciato improvvisamente all’impazzata in discesa su una delle tante strade non asfaltate e piene di buche. Riuscire a rimanere seduti senza sbattere la testa sul tettuccio o senza volare in avanti sulle braccia di un altro passeggero é un'impresa che richiede l'utilizzo di entrambe le mani. Una mano serve infatti per fissarsi alla panca di legno su cui si é seduti, mentre l’altra va usata per mantenersi diritti stringendo una delle sbarre di metallo che scorrono lungo il tetto. Quando in queste condizioni una delle donne sedute ha cominciato ad allattare, mi sono sentito veramente un povero turista lontano da casa.

La gente nel frattempo continuava a scendere e salire, a volte portando a bordo enormi sacchi che per forza di cose dovevano essere sistemati sotto i piedi. A un certo punto (posso giurare che non c'era più posto nel furgone), l'uomo-porta, che in realtà é un ragazzino di 12-13 anni, dall’alto della sua esperienza é riuscito a fare sistemare altre due persone, costringendo quelle già dentro a stringersi fino all’inverosimile. O almeno così credevo perché un minuto dopo l’uomo-porta, sfidando l'ira di noi passeggeri, é riuscito a ricavare ancora spazio per un'ultima persona. Per fortuna poco dopo é arrivata la nostra fermata ma come si può immaginare facilmente, l'uscita da Sotramá non é un’operazione priva di difficoltà. Piegandosi a 90 gradi per non sbattere la testa, cercando allo stesso tempo di non passare sopra i piedi degli altri passeggeri e i sacchi, e per di più col terrore che il mezzo ripartisse prima che potessimo farcela, siamo finalmente riusciti a scendere.

Anche questo fa parte del bello di questo paese..

 

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