Da Singapore a Ko Phi Phi attraverso la Malesia peninsulare

viaggio di Francesco

Stazione bus Singapore

S i n g a p o r e

Ho volato con la KLM da Milano ad Amsterdam e da lì a Singapore.
Non sono riuscito a dormire per niente. All’ arrivo mi faccio portare dal taxi direttamente ad una stazione dell’ autobus per la Malesia. Riserverò gli ultimi giorni per Singapore .
Il taxista mi spiega in singlish di stare attento a buttare mozziconi per strada, sputare e sporcare in qualche modo. Sulla Lonely Planet è detto che dopo la proibizione per il possesso di chewingum era in voga la trasgressione di pisciare in ascensore ma presto è stata subito soppressa ponendo telecamere.
<E se uno vomita per strada che succede ?>
<Se uno vomita perché sta male, poverino sta male . . . . >
Alla stazione dei bus danno anche il modulo che serve per entrare in Malesia. Il pullman è vuoto al 70%; una strada sopraelevata, la causeway, collega Singapore a Johor Baru. Un pacchetto di siga a S'pore costa 11 S$ . . . . . azzzz !!!

 

graffito Melaka

Verso Melaka (o M a l a c c a)

I controlli sono una cosa abbastanza veloce, una strada costeggiata da una fitta vegetazione a palme è la costante del paesaggio malese. Ci si ferma solo per cenare ad una specie di autogrill. Dormicchio mentre fuori c’ è una fitta pioggia. Si arriva a Melaka e la prima impressione è quella che si tratta di una città più che coloniale moderna. La stazione di bus è collocata nelle vicinanze del Senter, un grande centro commerciale.
Sceso dal bus un indiano tipo Sandokan mi dirige da un taxista dandomi anche il biglietto da visita di una guesthouse gestita da indiani. E’ lì che andrò, anche Sandokan vive nella guesthouse, lo incontrerò dopo la doccia mentre esco dalla mia stanza . . . sì la mia stanza io cui non dormirò mai . . . un avviso sul cancello dice che il posto chiude alle due, io non farò in tempo. Sono solo le undici quando ho fame e vado a mangiare, finisco poi camminando in una zona finto-coloniale , sembra essere una città spenta, pulita quanto senz’ anima. Ritorno nella zona della guesthouse per trovare il cancello chiuso e nessuno che viene ad aprire così continuo il mio giro a piedi negli ultimi posti aperti tra cui la hall di un hotel che è anche un pub con divani dove proiettano DVD di Horror–arti marziali dalla violenza inaudita. Bazzico tutta la zona, sempre più stanco. Piove a dirotto e pioverà fino a tarda mattinata . . . mi rassegno e decido di aspettare fuori del cancello dove in fondo alla scalinata l’ unico posto comodo per sdraiarsi è stato già occupato da un povero disgraziato. Solo dopo le otto (quando ormai mi incazzo: <Heeeeeyyyyy !!!!! Wake up !!!!>) faccio le valige e vado in un mini-hotel di gestione cinese, sempre aperto: L’ Halcyon. Dormirò dalle nove all’ una di pomeriggio e non oltre perché voglio vedere il centro storico e andarmene al più presto da Melaka. Mi faccio un idea di cosa fotografare con la luce del tramonto.

 

Melaka chiesaM e l a k a

Una cittadina piccola con la sua Little India e Chinatown (suddivisione in aree che si incontra in tutta la Malesia) e qualche testimonianza coloniale europea. Qualche chiesa e la collina con i resti di S. Paul church dove c’ è una statua di Francesco Saverio. C’ è poco altro da vedere, tipo i musei, ormai chiusi a quell’ ora. A chinatown c’ è un simpatico mercato notturno, vi faccio un giro dopo mangiato ma sulla strada del rientro mi fermo a bevicchiare qualcosa in un locale dove un gruppo di giapani è al karaoke. Me ne vado a dormire. Alla mattina partirò per Kuala Lumpur detta anche KL.

K u a l a L u m p u r

Il bus si ferma alla stazione di Puduraya, chinatown è lì attaccata. Entro nel primo hotel appena fuori del quartiere : Dragon Inn. La camera a due letti è claustrofobica ma pulita. Dopo la doccia mi fiondo a Chinatown dove ci sono un tempio induista e uno taoista. Le foto di dovere e poi alle Petronas Towers. Bisogna ammettere che la sensazione di slancio verticale che si prova ai piedi delle torri è notevole. Mi sono girato un po’ gli interni senza acquistare nulla. Ho tentato di fare qualche foto sotto la pioggia ma il giorno dopo la fotograferò da un altro viale.

 

Salgo su un taxi con un conducente indiano, mi siedo sul sedile anteriore per ammirare il suo piccolo santuario di immaginette, raggiungiamo la zona dei pubs : Jalan P. Ramlee. Al banco del Beach Club due piccoli squali nuotano in un acquario, ordino una birra e mi ritrovo un set di 5 Carlsberg (c’è il 4 X 5). C’ è la band che suona ma ho fame, attraverso la strada per un bistrot che fa anche cucina thai. E’ sabato sera, tutta la via si popola, bazzico un po’ tutti i locali; c’ è di tutto: dalla techno alla fottuta salsa & merengue. Via piena di stranieri e di impiegati cinesi, qualche travestito per strada e un mare di donnine che vengono da Cina, Vietnam, Filippine nei bar. Finisce che torno alla claustrofobica stanza per svegliarmi prestissimo.
Petronas

Bazzico la deserta chinatown salutato dallo scaracchiare e sputare a terra di qualche vecchio cinese.
E’ solo il terzo giorno che sono in Asia e non ho ancora ritrovato il mio sano appetito. Mi sforzo di fare colazione da McShit. Oltre alle torri e a chinatown ci sarebbero delle belle moschee da vedere ma sento di non stare troppo bene. Passo la mattina a fare un po’ di lavanderia in bagno e stendendo magliette e slips sugli ometti posti vicino al condizionatore. Dormo ma voglio però vedere ancora qualcosa prima di partire così scendo in strada e chiedo ad un taxista indiano di portarmi a vedere qualcosa, qualsiasi cosa.

Grotte Hindu


Andiamo appena fuori città dove ci sono delle grotte con statue hindu: le Batu Caves . Una gran sudata per gli scalini (272) per vedere statue di fabbricazione moderna in un posto abbastanza suggestivo (come ce ne sono molti). Vale la pena venire qui solo in occasione del festival Thaipusan quando alcuni fedeli si trafiggono per scopi votivi. Rimango a chinatown la sera, fra le bancarelle e comincio a regolarizzare il mio stomaco con una sola Tiger beer ed un kuey tiew mee (zuppa di tagliolini). Mi faccio una bella dormita finalmente e al mattino con il mio bagaglio (a mano, per la prima volta senza zaino) mi reco a piedi alla vicina stazione dei bus. <where are you going?> mi chiede il bigliettaio.
<Penang>

 

A Georgetown (Penang)

Appena usciti da KL: il solito ininterrotto panorama palmizio. Mi addormento sino ad Ipoh e nel primo pomeriggio il bus passa un lunghissimo ponte che collega l’ isola di Penang alla terra ferma.

Il ponte di Penang

Dal terminal mi faccio portare in taxi alla 75 travellers house a Georgetown.
L’ alloggio che ha anche un dormitorio è segnalato dalla Lonely Planet. Ad accogliermi c’ è Mr Lo anch’egli menzionato nell’ edizione inglese del 2004. Un altro gentile Signore (Mr Ken) mi mostra la stanza con bagno. La prendo al volo. Mi riferiscono di un altro italiano che risiede alla 75: Zunf. E’ il primo ed ultimo italiano che incontrerò in Malesia in questa stagione: viene dal Borneo malese e dal Brunei; mi mostra le foto e deve essere un posto stupefacente. Decido di partecipare anch’ io l’ indomani con lui al local tour (conviene aggregarsi a queste gite per non perdere tempo a decidere cosa vedere, tempo per trovare il modo di spostarsi etc . . . .).
Facciamo intanto serata a Georgetown. Ci imbattiamo nel guidatore di risciò Vincent, un malese di età avanzata che ci vuole scarrozzare nei bordelli con cui è convenzionato. Accettiamo il suo passaggio ma non le sue proposte, ci facciamo portare a bere una birra. Ci chiede anche se vogliamo storie di stupefacenti ma rifiutiamo. E’ un personaggio che dà dell' infido ma suscita ilarità. Ce l’ ha coi travestiti che chiama “Ali ba ba” perché in generale sono dei ladri. La sua invettiva ha punte di machismo quando esplode nell’ affermazione “I shoot Ali ba ba, I got a gun”. Lo paghiamo per averci riportato al punto di partenza.
In effetti bisogna stare attenti a questi trava, vengono da Cina, India, Sri Lanka, Thailandia e la sera adescano in Chulia street e Love lane, nelle vicinanze della 75 Travellers. In queste vie di stile coloniale fetiscente oltre a questi omoni arrangiati come donne ci sono ratti a non finire, che grossi poco meno dei gatti schizzano veloci tra canali fognari e sacchi di immondizia.

via 75 Travellers
con MR LO

Quando rientriamo Mr Lo non è più alla reception, in sua vece la notte c’ è un personaggio istrione: Martin, massaggiatore ha studiato massaggio cinese, giapponese, thai e svedese, tiene anche corsi e di giorno massaggia i clienti di un hotel centrale. Ci beviamo l’ ultima birra mentre ci interroga sondando nostri eventuali vizi e virtù. Ci tiene a metterci in guardia da fare storie compromettenti perché <Tutta questa gente cerca vantaggi da voi perché sanno che avete i soldi>. Ha mille esempi e storie da raccontarci sulle disavventure degli stranieri a Penang, di clienti uomini della guesthouse che arrivano da lui alleggeriti del passaporto alle tre di notte dicendogli : <I lost my passport>; racconta anche storie raccapriccianti di delinquenza locale . . . . Un gran carisma comunque questo Martin.

 

Mr KUIl Local Tour

Mi sveglio per essere puntuale al Local tour (o Loco Tour). La bellezza delle gite in minibus oltre che convengano o meno sta nel fatto che mettono insieme gente che non c’ entra un cazzo e per questo fanno anche ridere.
Mr Ku fa da guida e conduce il minibus. Tira su noi dalla guesthouse, 2 svedesi da un maxi hotel e 3 indonesiani, papà coi due figli grandi (tutti in gita quel giorno per svagarsi in vista dell' operazione che il giorno dopo il papà avrebbe fatto a Penang, e non in Indonesia dove non si fidava).
Anche guidando Mr Ku delucida molte cose. Ci indica gli indiani che spazzano le strade come “Cling”. Essendo l’ Africa lontana gli inglesi e gli altri schiavisti hanno portato dall’ India gli indiani per i lavori più ingrati e dato che questi non volevano furono messe loro catene ai piedi. Caustico ci spiega: <Do you know the sound of the chain ? Cling ! Cling !>. . . C’ è un razzismo di fondo in tutta la Malesia, anche verso i cinesi che vengono chiamati <cheena>. E’ forse questo disprezzo dichiarato, questa non-volontà di mischiarsi con chi è diverso (a parte in pochi casi) una componente del paradosso per cui la società malese appare come un ambiente multietnico vistosamente disteso ? Lascio alle coscienze personali questa riflessione e torno al Loco Tour.

tempio birmano
tempio thai

La prima tappa è il tempio birmano. I suoi buddha bianchi nell’ “abside” rappresentano tutte le nazioni buddiste dal Giappone all’ Afganistan. La seconda è il tempio thai dove sta “il terzo più grande Buddha sdraiato di tutta l’ Asia”. Dietro di questo le urne cinerarie tra cui anche quelle di un danese. <C’ è ancora spazio> afferma Mr Ku. Un loculo costa 300 RM ed <è bene affrettarsi perché il prezzo lievita man mano che gli spazi diminuiscono> (c ‘ è da pensarci veramente visto quanto costa in Italia !!!! ).
Davanti al grande Buddha, tra le molte statue c’ è anche la mummia di un celebre monaco thai che da monaco perfetto non è morto sdraiato ma nella posizione del loto e da allora i fedeli lo hanno ricoperto d’ oro, lamina su lamina.
Il loco tour prosegue con la visita di Kuan Yin, la madre della misericordia cinese, una madonna eretta grazie ai contributi cinesi da tutto il mondo. Nel progetto questa sarà poi ricoperta da un chiosco ancora più grande.
A questa visita segue l’ ascesa in monorotaia per vedere Georgetown dall’ alto. 40 minuti a gruppo sciolto in un posto carino dove troneggia la natura multicolore e qualche scimmia ogni tanto si fa scorgere tra i rami.

Kuan Yin
Funicolare

Una volta scesi si mangia. Mr Ku per le sue gite è convenzionato alla YMCA, una associazione cattolica mondiale della gioventù. Gli chiedo <E’ cattolico ?>. Mi risponde sottovoce: <I’ m a free thinker> (<sono un libero pensatore>).Mangiamo su di un tavolo rotondo mentre Mr Ku da solo su tavolino. Papà Indonesia si spazza tutto, si serve per primo a piene mani. La nonna svedese ironizza: <E’ la mia prima volta alla YMCA> e il nonno svedese ribatte : <il prossimo passo sarà per l’ Esercito della Salvezza>.
Finito di mangiare il fratello maggiore degli indonesiani lancia un rutto sonoro.
Esco a fumare la mia paglia anche perché mi viene da ridere. Zunf poi mi dirà che è stato un concerto di rutti tanto che anche lui a quel punto ha cominciato a scorare.
 

con MartinTappe successive sono: il giardino botanico (veramente bello, con piante ed animali), la fabbrica di batik (dove nessuno acquista nulla anche perché il miglior batik a detta degli esperti è indonesiano), la farmacia cinese (ad assaggiar biscotti), i saluti finali (auguri papà Indonesia !)
Il loco tour si conclude così nel primo pomeriggio, io e Zunf tiriamo sera tra sala internet e guesthouse. Passiamo la serata scialba e piovosa alla ricerca di un ristorante diverso ma ci troviamo in una bettola dove una compagnia di cinesi brilli ci accoglie. Il più casinista finge di lavorare per il locale e ci chiede cosa ordiniamo . . . finita la pioggia ci ritroviamo al baracchino della sera prima per i soliti tagliolini, la camminata spedita tra i ratti e i travoni ed eccoci alla 75 ancora con Martin, stasera incazzato con quattro cinesi locali venuti a consumare al tavolo, giocare a carte e far casino.
Zunf andrà verso Singapore il giorno dopo, io verso Phuket. Birra e buona notte.

 

Verso la Thailandia

E’ un minibus prenotato dalla guesthouse che ci porta fino ad Hat Yai e lì poi un altro autobus fino a Phuket. Diretto anche lui a Phi Phi island c’ è un viaggiatore francese; parla un italiano con accento albanese perché per il progetto Erasmus a Padova ha condiviso l’ appartamento con un albanese. Viene dall’ Indonesia ma il suo viaggio è molto lungo. Mi parla molto bene di Iran e Pakistan. In India ha acquistato un sitar che però non suona mai. Passato il confine con un semplice modulo e timbro ci si rende conto della forte presenza mussulmana nella Thailandia meridionale. Ad Hat Yai attendo un’ ora per il cambio di minibus. E’ una città grande, non ho tempo per girarla ma solo di mangiare un kuey tiaw.
Mi addormento sul bus e al risveglio passiamo Krabi ed è già buio quando arriviamo a Phuket.

 

PhuketPhuket & Phi Phi islands

Mi fermo a Patong per una notte, sono vicino a Bangla road. Per una sera cerco un ristorante italiano con il caffè espresso. Finisco poi la serata alla discoteca Tiger ma esco quasi subito. Passeggio il lungo mare fino alla Haagen-daas per il gelato della buona notte.
Il giorno successivo faccio il giro dell’ isola, con il tuk tuk e tutte le cazzate che mi fa vedere compresa la casa della perla; non è questo il modo più bello di visitare la Thailandia o anche solo Phuket ma per un giorno l’ ho fatto. Mi piace comunque andare nei wat, anche quelli di recente fabbricazione. E’ rilassante restarci con calma e vedere sempre le stesse statue, gli stessi pinnacoli sui tetti, le illustrazioni della storia di Buddha.

Phi Phi
Phuket

I segni della distruzione dello tsunami sono assenti nelle zone dove si lavora molto. In Banglaroad alcuni ambulanti vendono VCD sullo tsunami. Poche sono le cose che ho visto abbandonate nella loro devastazione e quello che c’è da sistemare lo stanno sistemando. Questa è stata l’ impressione dopo il mio breve giro molto sommario e scontato.
Mi sono munito di un biglietto andata e ritorno per le Phi Phi islands. Il giorno successivo il tempo era molto promettente poi a metà del pomeriggio è cominciato a piovere incessantemente sino all' indomani tanto che me ne sono andato. La sera c’ è poco da fare, di giorno mille cose, ci sono acque stupende, pulite e bei paesaggi. La sera incontro infatti il tipo del sitar tutto preso dalle sue immersioni. Rientro a Phuket per un paio di giorni a Surin beach in tranquillità prima di riprendere la marcia verso Singapore.

 

Kota BaruRientro in Malaysia

Mi dirigo in direzione del litorale orientale della Malesia ma mi toccherà passare una notte ad Hat Yai. Quelli del biglietto mi vendono il trasporto fino a Kota Baru ma in realtà il minibus il giorno dopo mi lascerà a piedi al confine della Malesia. Prima di me il bus si ferma ad accompagnare davanti al loro domicilio i trasportati. Passiamo per zone in stato di tensione da un paio d’ anni, presidiate dall’ esercito anche con carri armati.
Passo a piedi il confine sotto una leggera pioggia. L’ unico mezzo per Kota Baru è il taxi in quel momento. Mi chiede 30 RM. Mi faccio mollare in zona centrale per il Sabrina Mansion.

Kota Baru

Kota Baru è una città islamica dell’ unica provincia interamente amministrata dal Partito islamico. Le donne portano quasi tutte il chador. Anche qui c’ è un museo ma nessuno si ferma più di tanto, città come questa e Kuala Terrennganu fungono per i visitatori da base per le fantastiche isole (che non ho visto).
Faccio un giro al mercato, la via degli orefici e un centro commerciale. Ovviamente non acquisto nulla. C’è un ristorante cinese vicino al Sabrina (i cinesi sono gli unici che danno da bere alcolici e da mangiare a tutte le ore anche in periodo di Ramadam).

Kota Baru
Kuala Terennganu

Si ha l' idea di ciò che è l' islam moderato, proprio qui nel Kelantan dove lo statuto regionale ha tentato di imporre la legge islamica su tutto il territorio non escludendo i non-mussulmani. Nonostante le intenzioni di imporre regole severe la gente non si piega più di tanto e non si verificano incidenti di sorta.

Kuala Terennganu

Il giorno dopo parto per Kuala Terennganu. Si respira anche qui la stessa aria malese di Kota Baru, i locali mussulmani non servono pasti fino a tarda sera. Caratteristica però la sua chinatown. Il giorno successivo farò un salto a Pulau Duyung, un' isola interna fra il mare aperto e un corso d’ acqua. C’ è una casa su quest’ isola dove fabbricano barche con metodi tradizionali. Una volta traghettato non trovavo l’ officina, sbarcato mi ero diretto a destra, in direzione di un grande impianto, un paesaggio squallido e industriale ma non appena mi dirigo verso le abitazioni per chiedere info mi imbatto in un gioiello di costruzione chiamato Fort. Una sintesi di stile Malese e Classico-occidentale; nessuno vi abita e non c’è accesso. Appare un posto pulito ma disabitato.

Pulau Duyung
Forte di Pulau Duyung

Chiedo indicazione sul signore delle barche ad un giovane che mi vuole stringere la mano mentre con l ‘ altro braccio tiene sollevato un tacchino. Mi sa indicare più o meno la direzione. Non è stata vista con simpatia questa mia deviazione da alcuni personaggi tra cui un agente per via forse dei lavori che lì fanno. Finalmente poi trovo la famosa officina. La lonely planet dice: “ i visitatori che vogliono dare una occhiata sono i benvenuti“. Col cazzo ! sono rimasto dieci minuti dopo aver salutato e neanche un cenno da parte dei tipi. Forse non parlavano inglese ma anche loro non mi sono sembrati affatto felici di avere visite.

 

Ovunque in MalesiaVerso Johor Baru

E’ la Malesia più malese questa del lato est. E’ modernità + islam. Le città sulla costa se non interessano per le isole interessano comunque per la gastronomia, l’ artigianato e cose simili. E’ specie la prima di queste che mi ha trovato soddisfatto (tanto che sono vergognosamente ingrassato). Il pesce è comunque fresco e lo sanno cucinare in mille modi; in generale per tutta la Malesia anche quando la cucina cinese si mischia con quella locale i risultati sono veramente validi. Non è da meno Johor Baru in fatto di cucina e sarà questa la prossima tappa. Una giornata di bus praticamente. Fino al parco nazionale di Rompin la Malesia è stata un susseguirsi di città colorate e moschee, nonché di industrie, dopo il parco nazionale invece si respira l’ aria di metropoli: Johor Baru, seconda in grandezza solo alla capitale. Ha un po’ l’ aria del porto di mare, un coacervo di mondanità e casino, di vizio e di bancarelle.

Happy Deepavali

Capito a Johor proprio la sera di Deepavali , la festa hindu che celebra la luce della vittoria sul demone Ravana. Il tempio hindu del centro è illuminato, i petardi scoppiano, “happy deepavaly” ovunque.
Un pesce “steamed” in una foglia di baniano, qualche guinness ed è già ora di dormire.
Tenendo base a Johor il giorno dopo farò anche una escursione a Singapore, un giro in aeroporto per capire come usare la MRT (il metro) invece che il taxi, un giro tattico per vedere dove sistemarmi e come muovermi quando lascerò Johor dopo ancora due notti in Malesia. Un giro anche nella Chinatown di Singapore e di nuovo in Queen St per tornare a Johor dove finirò la mia serata a mangiare brodo di testa di pesce con Lawrence, un signore cinese di mezza età.

Deepavali a Johor
Johor

J o h o r

Sì ci tenevo a fare un altro giorno a Johor, non solo per i prezzi inferiori a Singapore quanto anche per visitare il museo reale del Sultanato di Johor (Royal Abu Bakar Museum). Di epoca pukkha sahib è un luogo sfarzoso, con cimeli e possessi del Sultano e famiglia. Tante belle cose provenienti anche dall’ Inghilterra.
Questa città era infatti la punta più importante dello stretto prima che Singapore diventasse ciò che è. La casa adibita a museo è un luogo ben tenuto dove si paga per entrare ma è vietato fare fotografie. Alcuni potrebbero inorridire per la sala dei trofei da caccia. Quando esco dalla struttura chiedo ad un signore se è possibile scattare una fotografia almeno dell’ esterno dell’ edificio. Certo è possibile, in più mi ha chiesto di dove ero e invitato alla festa dell’ indomani che si sarebbe svolta lì nel parco. Veramente gentile quel signore distinto ma purtroppo il tempo stringeva e domani sarei stato a Singapore.
Dalla villa sono tornato in centro a piedi passando per Little India sino a finire in un tempio cinese che domina pur nella sua bassezza su uno sfondo di grattacieli (davanti alla stazione dei taxi per Singapore).
Johor regala serate sempre uguali e soprattutto all’ insegna del mangiare in zona Meldrum e dintorni.

 

Museo JohorSelemat Hari Raya Adil Fitri

Non so esattamente cosa significa questa scritta ma appare dovunque tanto quanto Happy Deepavali. E’ la fine del Ramadam, lascio l’ hotel di Johor e vado in taxi alla stazione dei taxi per Singapore. I taxisti singaporegni fanno la spola nello stretto di Johor ; si può richiedere il mezzo in modo esclusivo o per risparmiare si possono attendere altri clienti e poi dividere le spese.
Ci sono dei caselli per le auto simili a quelli autostradali dove semplicemente controllano il vostro passaporto e quello dell’ autista, un timbro e via, senza scendere dalla vettura. Voi e l’ autista potete passare in un giorno quante volte vogliate.
Non è così per i malesi che di solito devono pagare per entrare a Singapore, tranne oggi e durante il capodanno cinese. E’ per questo motivo che si va a rilento sulla causeway, tutte le auto vengono controllate oggi, aperto il cofano, compreso il nostro.
Dopo questo intoppo il taxi procede veloce sulla “tangenziale” tra parchi e palazzi ma nel cielo invece che piccioni volteggiano falchi e aquile. Mi lascia a Katong, tutto questo per 70 RM come concordati (se avesse avuto il taxametro erano cazzi !)

 

Raffles PlaceSingapore (S'pore)

Alloggio in Joo Chiat rd che divide Katong dal quartiere Geylang. Zona popolata per lo più da malesi ma gestita da cinesi. La camera non è pronta sino alle quattro del pomeriggio; poco male, prendo la MRT a 10 minuti a piedi dall’ hotel alla stazione di Paya Lebar.
Un viaggio “medio” in metropolitana costa tra uno e due S$ con una carta plastica del valore aggiunto di 1 S$ o più. Il valore viene restituito quando a termine del viaggio si reinserisce la carta nella macchina. Scendo a Raffles Place, giro un po’ intorno sino a capire la strada per arrivare al mitico Raffles Hotel. Passo per Raffles Quay fino al Merlion; rientro in un parco vicino alla statua di Raffles, sempre dritto, poi a sinistra ed eccomi in Beach Rd.
Entro dall’ entrata principale. Veramente notevoli gli interni. Questa casa degna di un sultano era il domicilio di Raffles, il fondatore della città. Un luccicare di lusso, esempio di quello che una volta era la vita coloniale.

Raffles Quay
Raffles Hotel

Sul retro di questa costruzione principale c’ è la zona commerciale. Birre che costano almeno 14 S$ per respirare un’ aria che sa di negozi da grandi firme, ristoranti giapponesi e simili.
La parte più interessante di questa struttura è il museo dell’ hotel dove si tenta una ricostruzione storica tramite foto d’ epoca, oggetti vari, libri e mobili. L’ hotel è stato un porto di mare per molti personaggi del tempo tra cui scrittori come Somerset Maugham.

Nelle vicinanze del Raffles c’ è Chimes, una struttura architettonica tipo vecchia europa. Da apprezzare la capacità di riuscire a costruire cose in pietra e farle sembrare di plastica.
Mi dirigo infine verso quel grande durian metallico che è sul Raffles Quay: cinema, bar stuccati, e moda, tutto sembra gridare: consuma ! Ma molti malesi vi fanno solo un giro per poi bivaccare al fresco per terra e nei parchetti consumando solo una bibita. Ritorno al quay e da lì alla stazione della MRT. Mi riposo fino a sera trovando finalmente la mia camera pronta. Alla tele un nobile malese spiega il senso del Ramadam e il fatto che con la festa Hari Raya ci si perdona ogni sgarro e si torna tutti amici e fratelli.
Sembra che nonostante tutte le contraddizioni dei paesi sud-est-asiatici, Malaysia & Singapore siano uno dei rari esempi di adattamento sociale fra diversi quali cinesi, indiani e malesi (un adattamento visibile oggi ma che deve essere costato molto in passato). Un equilibrio forse creato dal denaro e la convenienza che porta tutti ad una asiatica etica “laica calvinista” pubblica ed una vita etnica, razzista, sessista e quant’ altro di retrivo in privato. Da Singapore alla Thailandia del sud è un susseguirsi di Malay, Chinatown e Little India, specie sulla costa occidentale, una separazione senza ghettizzazione (in Thailandia invece l’ islam resterà sempre “la religione venuta da fuori”, non c’è stato un processo sociale di integrazione perché non è avvenuta neanche l’ integrazione economica dei thai mussulmani nel sud, ci si è accorti di questo però quando molto sangue è scorso e l' odio ormai innescato).

Vedo di spararmi una serata un po’ più vispa e raggiungo Orchard Rd. Prezzi da capogiro e allocchi che amano spendere per una griffe “originale” (mentre gran parte del resto dell' Asia vanifica questa idiozia di pagare una borsetta o un paio di scarpe centinaia di euro). Sembra di essere a Milano. Mi stanco presto fra shopping, bar e vialone a doppia corsia tra palazzoni. Me ne torno in zona hotel e mi accascio presto, domani sarà l’ ultimo giorno a S’pore.

Arab street
Little India


Una scappata a Little India e Arab St, raggiungendo la zona a piedi dalla fermata Bugis. Visto questo si è visto in modo sommario il grosso di Singapore. Per il resto è tutto uffici, banche, Sentosa (isola dei divertimenti con zoo etc), negozi di firme e super lavoro.
Volendo, con la calma e soprattutto col danaro uno può trovare molte cose interessanti da vedere e fare a Singapore, come la visita dei musei, o attività come corsi o perché no ? molti di solito sono qui per lavorare per conto di aziende europee o americane.
In giorni come quelli di festa sono i malesi a visitare la ricca Singapore mentre nei week end solitamente Johor si riempie di singaporegni per i prezzi più bassi dei ristoranti.
Me ne torno a Joo Chiat rd, ceno dal re dello stufato lungo il viale Geylang. L’ ultima mangiata del mio itinerario gastronomico. Concludo in serata bevendo birra a 6 S$ la bottiglia al food center di Geylang. Rincaso con un certo abbattimento per il fatto che si conclude questo viaggio, non tanto per la mancanza che potrei sentire di questi posti (sarebbe così se si parlasse di Vietnam o Birmania) quanto per il fatto di dover tornare in Europa.

 

Changi AirportAl Changi Airport

Dopo il check out dall’ hotel arrivo con la MRT al Changi Airport. Passerò l’ intero pomeriggio e la sera fino alle 11 ad aspettare il mio volo per Amsterdam. Per chi subisce il fascino delle metropoli Singapore è comunque una città interessante. Non ho mai visto dei cinesi così affabili e simpatici e soprattutto chiunque sa parlare inglese. E’ un posto comodo per chi deve organizzare voli per destinazioni del sud est asiatico, a quanto pare economico quanto Bangkok per l’ acquisto dei biglietti aerei ma non per altre cose.

 

Da Singapore a Ko Phi Phi  Home

 

[Viaggi][Le foto][Istantanee][In Italia][Consigli dei viaggiatori][Forum][Home]